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- MICROBIOLOGIA
Microbiologia:
L'insegnamento mira a fornire un'introduzione generale sulla microbiologia affrontando inizialmente le differenze tra batteri e virus. Affronta successivamente le conoscenze di base su miceti e parassiti. Analizza e fornisce
conoscenze circa il sistema immunitario umano ed il processo infettivo correlato con la patogenicità. Infine, affronta nel dettaglio vari tipi di infezioni: all'apparato respiratorio; al sistema nervoso; all'apparato gastroenterico; all'apparato circolatorio; quelle sessualmente trasmesse e le ospedaliere.
Argomenti trattati:
• Batteri
• Mondo microbico
• Struttura della cellula batterica
• Spora
• Genetica e la riproduzione batterica
• Virus
• Genoma e la replicazione dei virus
• Miceti
• Parassiti
• Sistema immunitario
• Processo infettivo
• Patogenicità batterica
• Diagnosi microbiologica
• Diagnosi da infezione batterica
• Infezioni dell'apparato respiratorio
• Pneumococco e polmonite
• Mycobacterium
• Tubercolosi
• Virus dell'influenza
• Infezioni della cute
• Malattie da Staphylococcus Aureus
• Infezioni del sistema nervoso
• Meningiti
• Clostridi e il tetano
• Botulismo
• Poliomielite
• Infezioni dell'apparato gastroenterico
• Salmonella
• Tifo
• Helicobacter Pylori
• Epatite virale
• Malattie intestinali da protozoi
• Infezioni dell'apparato circolatorio
• AIDS e HIV
• Malattie protozoarie dell'apparato circolatorio: la malaria
• Infezioni dell'apparato genito-urinario
• Infezioni ospedaliere
Dettagli appunto:
- Autore: Andrea Panepinto
- Università: Università degli Studi di Pisa
- Facoltà: Medicina e Chirurgia
- Corso: Logopedia
- Esame: Logopedia
- Docente: Prof. Mauro Pistello
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M i c r o b i o l o g i a Appunti di Andrea Panepinto Università: Università degli Studi di Pisa Facoltà: Medicina Corso: Logopedia Esame: Microbiologia e Igiene Docente: Prof. Mauro Pistello Anno Accademico 2015/2016M I CRO B I O L O GI A La microbiologia è lo studio di piccoli organismi non visibili ad occhio nudo ma visibili solamente con il microscopio, semplici per morfologia, privi di cellule differenziate o tessuti e in grado di provocare nell’uomo le malattie infettive. In particolare, questi microrganismi sono i batteri, i virus, i funghi e i protozoi. A lla fine del 1600 un mercante olandese, A ntony V an Leewenhoek costruì il primo rudimentale microscopio e osservò e studiò diversi microrganismi. Nel 1800 P asteur sviluppò i primi vaccini contro la rabbia, colera e carbonchio, ipotizzando che tali malattie erano dovute a microbi: rafforzò quindi la teoria microbica, che venne in seguito confermata da Robert K och, che scoprì la relazione tra il B acilus antracis e l’antrace. Con K och nasce la microbiologia medica. P er dimostrare le sue scoperte a proposito delle cause delle malattie infettive, K och formulò dei postulati : 1) Il microrganismo deve essere presente in tutti i soggetti malati ed essere assente in tutti i soggetti sani. 2) Il microrganismo deve essere estratto dal soggetto malato, isolato e cresciuto in coltura pura. 3) Il microrganismo deve essere iniettato in un soggetto sano e deve provocare la stessa malattia. 4) Il microrganismo deve essere nuovamente estratto e isolato. Infine, alla fine del 1800 si conoscevano già molte delle malattie infettive, fino all’arrivo di A lexander F leming agli inizi dell’1900 che scoprì il primo antibiotico, la penicillina , derivata da una muffa, in grado di combattere alcune di queste malattie. IL MONDO MICROB ICO A ll’interno del mondo microbico si possono trovare due tipi di cellule: · Le cellule procariotiche , che sono piccole, semplici, unicellulari, prive di nucleo avvolto da una membrana, non compartimentalizzate, che possiedono una singola molecola di acido nucleico circolare che si trova in una regione chiamata nucleoide, non possiedono steroidi nella membrana ma presentano ribosomi sparsi nel citoplasma per la sintesi proteica (ribosomi 70S ). · Le cellule eucariotiche , che sono più grandi delle altre, più complesse, possono essere pluricellulari, possiedono un nucleo delimitato da membrana, sono compartimentalizzate e costituite da organuli specifici per le loro funzioni, possiedono un genoma più complesso e amplificato che si trova nel nucleo, hanno una membrana caratterizzata da fosfolipidi e proteine. . A ll’interno del mondo microbico si trovano: · I batteri , che sono cellule procariotiche (le più grandi); sono argomento della B atteriologia. · I miceti , o funghi, che sono cellule eucariotiche unicellulari o pluricellulari che presentano una parete cellulare, e sono le più grandi; sono argomento della Micologia. · I protozoi , che sono cellule eucariotiche unicellulari che non presentano una parete cellulare; sono argomento della P rotozologia. · I virus, che sono organismi acellulati, con una struttura subcellulare, che sono definiti parassiti endocellulari obbligati in quanto possono riprodursi sono all’interno di una cellula ospite, sfruttando le sue attività metaboliche. S ono argomento della V irologia, che è una branchia della B iologia. I B A T T E RI I batteri sono cellule procariotiche unicellulari che si possono classificare secondo tre principi: le proprietà tintoriali, la forma e il carattere metabolico. In base alle proprietà tintoriali , i batteri si dividono in Gram+ e Gram-. P er classificarli occorre prendere un campione di batteri e fissarlo con il calore su un vetrino. P oi si deve colorare il campione con il colorante cristal-violetto , che colora tutti i batteri di viola (blu di metilene). S i aggiunge soluzione iodata, che lascia i batteri invariati, e poi si decolorano con alcol acetone: quei batteri che si decolorano diventano trasparenti, e si possono poi successivamente rendere visibili aggiungendo un colorante rosso; questi sono i Gram-; invece, quei batteri che resistono alla decolorazione e che rimangono viola sono i batteri Gram+ . In base alla forma si possono distinguere: i cocchi, i bacilli e quelli a spirale. I cocchi hanno forma sferica e possono unirsi a formare una coppia (diplococchi), a formare una catenella (streptococchi) o a formare un grappolo, un gruppo (stafilococchi). I bacilli hanno invece una forma allungata, a cilindro, e anche questi possono formare gli streptobacilli o gli stafilobacilli; quando il cilindro è particolarmente corto, si parla di coccobacilli. Infine, quelli a spirale hanno una forma irregolare e in particolare si possono distinguere quelli a forma di virgola che si chiamano vibrio. In base al carattere metabolico , e in particolare al loro rapporto con l’ossigeno , i batteri si distinguono in: aerobi stretti o obbligati, che vivono solo in presenza di ossigeno; anaerobi stretti o obbligati, che muoiono in presenza di ossigeno e sopravvivono solo in sua assenza; aerobi facoltativi, che possono sopravvivere in entrambi i casi ma prediligono un ambiente con un 5-10% di CO2 aggiuntivo. LA S T RUT T URA DE LLA CE LLULA B A T T E RICA La cellula batterica presenta diverse strutture caratteristiche, in particolare ha una capsula, una parete cellulare, una membrana, il citoplasma in cui sono sparsi ribosomi, corpi inclusi, e in cui si trova il nucleoide, il cromosoma circolare che ne costituisce il genoma. E ventualmente si possono trovare i mesosomi, che sono delle invaginazioni di membrana, e i flagelli, che servono per il movimento del batterio stesso. La capsula è una struttura lassa, viscosa e polisaccaridica; è un costituente non essenziale, cioè può trovarsi o non, sia nei Gram + che nei Gram -. In particolare, la capsula è presente in vivo, cioè nell’ambiente che il batterio va ad infettare, ma scompare in vitro, cioè in laboratorio. La capsula può essere messa in evidenza colorandola con la china oppure con il metodo del rigonfiamento capsulare di Neufeld. E ventualmente può essere ricoperta da uno strato mucoso di glucidi che viene detto glicocalice. La capsula ha numerose funzioni: · F unge da accumulo di materiale di riserva energetiche e di nutrienti. · Conferisce resistenza all’essiccamento, in quanto i batteri in condizioni prive di acqua non possono sopravvivere. · È fattore di virulenza , in quanto ha attività antifagocitaria : quando il batterio invade l’organismo ospite, la difesa tende subito a fagocitare questa particella estranea; questa capsula impedisce il processo, e rende quindi il batterio molto più virulento. È questo il motivo per cui in ambiente di laboratorio la capsula viene persa o non si forma, perché non è necessario combattere l’azione fagocitaria. · Impedisce la penetrazione di alcuni famarci . · P ermette di aderire alle superfici. · Capsule di cellule vicine possono fondersi e formare una matrice particolare, capsulare, contenente quindi numerosi batteri in grado di invadere l’organismo e di colonizzare, il biofilm. Questo può colonizzare sia in superfici organiche, come accade per lo S treptococcus mutans che aderisce allo smalto dentale e dà inizio al processo cariogeno; oppure in superfici inorganiche, come accade per lo S taphylococcus epidermidis che aderisce alla superficie di un catetere intravascolare. · Rappresenta un antigene , che viene riconosciuto dal sistema immunitario che dà inizio alla risposta immunitaria secondaria con conseguente produzione di anticorpi; questo è importante per la creazione dei vaccini, che sono infatti costituiti dall’antigene capsulare, che viene somministrato all’organismo in modo che produca gli anticorpi necessari. La parete batterica si trova al di sotto della capsula, quando questa sia presente, ed è una struttura essenziale, cioè sempre presente nei batteri; non si trova soltanto nei micoplasmi. È separata dalla membrana citoplasmatica dallo spazio periplasmatico. Questo perché ha delle funzioni che sono di importanza vitale per il batterio, senza di quale morirebbe. È costituita principalmente da un enorme polimero costituito da carboidrati legati trasversalmente con amminoacidi, il peptidoglicano o mureina. Questa parete differisce a seconda che il batterio sia Gram+ o Gram-, anzi è quella che determina tale differenza. I batteri Gram + hanno una parete molto spessa, che quindi impedisce la penetrazione dell’alcol acetone e la decolorazione; quelli Gram – hanno invece una parete molto sottile che permette una facile penetrazione dell’alcol. Le funzioni principali della parete sono: · P roteggere la cellula dalla lisi dovuta allo shock osmotico, cioè all’eccessiva penetrazione di acqua all’interno. Controbilancia, quindi, la pressione endocellulare, che è alta a causa della maggiore concentrazione di soluti rispetto all’ambiente circostante. · Conferisce la forma alla cellula. · Determina le proprietà tintoriali . · F unge da difesa e interagisce con la risposta immunitaria dell’organismo ospite (per esempio, gli antibiotici si legano a questa parete, non attaccando le cellule dell’organismo). · Contiene fattori di patogenicità batterica. Il peptidoglicano è un polimero di carboidrati legati trasversalmente a amminoacidi (carboidrati azotati), la cui unità strutturale, cioè il cui monomero, è formata da due zuccheri, N-acetilmuranico e N-acetilglucosammina, che sono legati da un legame beta1-4. N- acetilmuranico si lega ad una sequenza di quattro amminoacidi, un tetrapeptide, e tra più tetrapeptidi si forma un legame crociato (in particolare tra la D-alanina terminale e l’acido diaminopimelico in terza posizione di quello adiacente). Questa struttura conferisce rigidità e stabilità, e forma degli strati concentrici. In particolare, nei Gram + si formano circa 40 strati concentrici, che costituiscono l’80% del peso secco della cellula stessa; in questo peptidoglicano sono inoltre intercalati altri componenti. Invece, nei Gram -, gli strati sono circa 1 o 2 e costituiscono il 5% del peso secco della cellula; presenta pochi legami crociati. E sternamente, il peptidoglicano dei Gram – è rivestito da una membrana esterna costituita dagli altri componenti. Questa membrana presenta alcune proteine di trasporto, ma principalmente, sulla faccia esterna, uno strato di lipopolisaccaride molto importante; è una molecola tossica per l’individuo infettato, costituita da tre porzioni: · Il lipide A più interno, che costituisce la porzione lipidica e tossica, comune a tutti. È quella parte che determina i sintomi comuni a tutte le infezioni. Ha funzione di stabilizzare la membrana e funge da endotossina. · Il core intermedio, costituito da una corta catena polisaccaridica che conferisce una certa carica negativa alla cellula. · L’antigene O superficiale, costituito da una catena polisaccaridica di 3-4 zuccheri che si ripetono, molto lunga; ha funzione antigenica, è riconosciuto dal sistema immunitario, e serve principalmente per proteggere il batterio dalla risposta di difesa dell’organismo infetto. La membrana citoplasmatica è costituita da un doppio strato di fosfolipidi a cui sono intercalate diverse proteine e glicoproteine . È quindi simile a quella degli eucarioti con la differenza che non contiene steroidi, cioè colesterolo, ma terpenoidi con funzione di stabilizzazione e compattamento. P uò contenere dei mesosomi, che sono delle invaginazioni verso l’interno che assumono una struttura complessa costituita da vescicole, tubuli e lamelle, e che svolgono principalmente funzione esoenzimatica, partecipano alla fosforilazione ossidativa e partecipano a processi della divisione cellulare. Le funzioni principali della membrana sono: · F ungere da barriera selettiva e quindi mediare il trasporto e lo scambio di sostanze con l’esterno. · B iosintetica in quanto contiene enzimi necessari alla sintesi dei precursori polisaccaridici, costituenti della parete batterica. · Contiene enzimi necessari per la duplicazione del DNA batterico. · P artecipa alla fosforilazione ossidativa nelle specie aerobie, cioè contiene enzimi e citocromi che svolgono la stessa funzione della respirazione cellulare svolta dalla membrana interna dei mitocondri nelle cellule eucariotiche. Il citoplasma della cellula batterica è una soluzione acquosa che si trova circondata dalla membrana plasmatica, e all’interno del quale avvengono le attività metaboliche. In particolare, nel citoplasma si trovano il nucleoide, che rappresenta il genoma batterico, costituito da un’unica molecola di DNA circolare a doppio filamento (quindi un solo cromosoma); si trovano poi ribosomi sparsi (70S ) che sono costituiti da acido ribonucleico e da proteine, e servono per la sintesi di quest’ultime; infine, si possono trovare i così detti corpi inclusi, che per lo più sono granuli di sostanze nutritizie come glicogeno, polisaccaridi o polifosfati. Un altro costituente non essenziale della cellula batterica è il flagello , che è indispensabile per il movimento, e in particolare la rotazione attorno alla loro struttura basale, della cellula stessa. Il flagello può essere singolo (batteri monotrichi ); ce ne possono essere più di uno ma dallo stesso lato (batteri lofotrichi ); ce ne possono essere molti e diffusi su tutta la superficie esterna (batteri peritrichi ). Infine, ultima struttura non essenziale dei batteri sono le fimbrie o pili, che sono delle appendici proteiche che si proiettano fuori dall’involucro cellulare; la proteina che le compone si chiama pilina, le cui subunità si ripetono numerose volte per costituirle. Le fimbrie servono principalmente per l’ancoraggio: le loro punte contengono una proteina che si chiama lectina, in grado di legarsi a zuccheri semplici come il mannosio; questo permette l’ancoraggio della cellula batterica a cellule sia animali che vegetali, mediante l’attacco ai residui di carboidrati presenti nelle glicoproteine di membrana. Questo ancoraggio permette inoltre la colonizzazione dell’ospite, in quanto sono in grado di riconoscere vari recettori (riconoscimento specifico). LA GE NE T ICA E LA RIP RODUZ IONE B A T T E RICA Il genoma batterico è quindi costituito da un unico cromosoma, contenente i geni, e in grado di duplicarsi. Oltre a questo, all’interno della cellula si possono trovare i plasmidi, che sono dei frammenti di DNA circolare dotati di replicazione autonoma. I geni dei plasmidi sono molto importanti in quanto sono in grado di: produrre tossine, e quindi conferire patogenicità alla cellula; produrre adesine, necessarie per la colonizzazione; produrre enzimi che conferiscono resistenza ai farmaci; produrre fattori per il processo coniugativo. La replicazione dei batteri avviene secondo il processo della scissione binaria , è quindi un processo di replicazione asessuata. Una cellula batterica, durante il suo ciclo vitale, attraversa un periodo di latenza , molto breve, in cui deve adattarsi all’ambiente, nutrirsi e svilupparsi. S ubito dopo, entra nella fase esponenziale , cioè la vera fase di replicazione: · La cellula parentale, pronta per dividersi, replica il suo genoma e si allunga, aumentando di volume la sua membrana e la sua parete. · S i inizia a formare, circa a metà, un setto, che piega membrana e parete verso l’interno. · I due cromosomi ormai formatisi, e anche i componenti cellulari sparsi, si spostano ai due poli della cellula. · Il solco della membrana si unisce, la membrana si rigenera e si ha così la perfetta divisione delle due cellule figlie. La crescita è quindi esponenziale in quanto ad ogni divisione il numero delle cellule figlie è doppio rispetto a quello della generazione precedente. A ccade però che in certo momento il numero dei batteri rimane invariato, in quella che si chiama fase stazionaria . È la fase precedente alla fase di morte . I batteri si riproducono molto velocemente: ad alcuni, come l’E scherichia Coli, servono solo 20 minuti, mentre altri, come il B acillo tubercolare, impiegano fino a 24 ore. Il tempo che un batterio utilizza per duplicarsi si chiama tempo di generazione. I batteri possono essere coltivati sia in ambiente liquido che in ambiente solido, ad una temperatura ottimale di circa 37 gradi. In terreno solido, i batteri sono coltivati su alcune piastre circolari a cui viene aggiunto un materiale gelatinoso per permettere la colonizzazione. P erché la colonia sia visibile solitamente occorre un tempo di tre settimane. LA S P ORA I batteri B acillus e Clostridium sono detti batteri sporidici, in quanto, alla fine della fase esponenziale, in mancanza di nutrienti, si trasformano in una cellula particolare che si chiama spora, con un processo che si chiama sporulazione. La spora è una cellula metabolicamente inattiva, termoresistente, resistente a farmaci, raggi UV , radiazioni ionizzanti, disinfettanti, antibiotici, solventi, enzimi idrolitici, agenti chimici e fisici vari. È una particolare struttura che riesce a sopravvivere in condizioni estreme, anche in mancanza d’acqua, e serve appunto per permettere la sopravvivenza del batterio anche in un ambiente totalmente sfavorevole. La spora inoltre è in grado di germinare nuovamente, dando origine alla ‘vecchia’ cellula vegetativa, tornando quindi ad essere un batterio attivo. Gli antibiotici sono dei farmaci antibatterici, che sono però prodotti naturali, cioè del metabolismo secondario di microrganismi. S ono caratterizzati da una tossicità selettiva: vanno cioè ad interferire con l’attività metabolica e sintetica del microrganismo infettante, senza però danneggiare o influire sulle cellule dell’ospite. E cco perché sono in grado di combattere le infezioni batteriche ma non danneggiano in alcun modo il nostro organismo. I principali siti di bersaglio degli antibiotici sono: la parete cellulare (P enicillina ecc.); la membrana plasmatica (A mfotericina B ecc.); la sintesi proteica (A minaglicosidi ecc.); gli acidi nucleici (F luorocitosina ecc.); antimetaboliti (S ulfamidici ecc.). Il primo antibiotico scoperto è stato la P enicillina, ad opera di A lexander F leming nel 1929, che la derivò dalla muffa P enicillium Notatum. Il problema di oggi con gli antibiotici è che molti batteri sono diventati resistenti, e quindi è più difficile combattere alcune infezioni. I V I RUS I virus sono delle strutture acellulate, semplici e piccole; sono anche detti parassiti endocellulari obbligati, in quanto non hanno una propria attività metabolica e possono replicarsi solamente all’interno di una cellula ospite, sfruttando i suoi componenti e il suo metabolismo. La particella virale completa si chiama virione ed ha una dimensione che va dai 10 ai 300 nm. Il virione in ambiente extracellulare è completamente inattivo e inerte. I virus sono specifici per le cellule che infettano, che possono essere sia animali, sia vegetali, sia batteriche (in questi casi i virus si chiamano batteriofagi). I virus sono composti da una molecola (o poche di più) di acido nucleico, che può essere sia DNA che RNA (o uno o l’altro, non possono coesistere), e da proteine, che vanno a costituire il capside esterno. Inoltre, nella struttura del virus si può eventualmente trovare un pericapside, che è una membrana esterna al capside di lipidi e proteine: in base alla presenza o meno del pericapside si distinguono virus rivestiti e virus nudi. Il capside è l’involucro proteico caratteristico di tutti i virus. È costituito da delle subunità proteiche, dei peptidi che si organizzano e si ripetono a formare tutto l’involucro, circondando l’acido nucleico centrale. Questi peptidi vengono detti capsomeri. Le funzioni principali del capside sono: proteggere l’acido nucleico virale dai meccanismi di difesa (dagli enzimi) della cellula ospite; mediare il legame specifico tra virione e cellula target (la cellula bersaglio) nei virus nudi, quindi partecipare al tropismo (tendenza del virus ad infettare solamente un tipo di cellula, grazie a dei recettori presenti sulla loro membrana che riconoscono le molecole virali). I capsomeri si possono organizzare a formare due strutture, che vengono dette simmetrie: · La simmetria elicoidale, in cui si dispongono come a formare una scala a chiocciola, quindi una struttura tubulare attorno all’acido nucleico; le facce interne dei capsomeri prendono contatto con l’acido nucleico virale. Di solito, è un’unica proteina che gira a spirale formando tale struttura, che è molto resistente. · La simmetria icosaedrica, in cui si dispongono a formare, appunto, un icosaedro, cioè un solido con 20 facce triangolari e 12 vertici. L’acido nucleico può o non prendere contatto con le facce interne dei capsomeri; in particolare, i capsomeri possono essere o proteine pentametriche, quindi a gruppi di 5, che si dispongono sui vertici, o proteine esametriche, quindi a gruppi di 6, che si dispongono sugli spigoli. Il pericapside è un involucro esterno al capside non essenziale nella struttura dei virus, che viene acquisito dopo la replicazione all’interno della cellula ospite. S i può trovare in presenza di entrambe le simmetrie del capside. È costituito da un doppio strato di fosfolipidi, uguale a quello della cellula ospite, a cui sono intercalate glicoproteine virali. Questo strato è poco resistente a causa della labilità dei fosfolipidi. In particolare, questo strato si forma perché, quando il virus è all’interno della cellula ospite, sintetizza delle glicoproteine virali che si vanno a disporre sulla membrana cellulare. Il virus esce poi per gemmazione, cioè la membrana plasmatica della cellula forma un’invaginazione verso l’esterno che avvolge il virus, i cui margini si fondono, staccandosi dalla cellula. Quindi, la membrana cellulare di fosfolipidi avvolgerà il virus, e in questa membrana si trovano quelle glicoproteine virali sintetizzate precedentemente. Questo pericapside pe3rmette la distinzione tra virus rivestiti e virus nudi. Una particolare categoria di virus è quella dei poxvirus, che sono i più grandi, come per esempio il vaiolo, e sono caratterizzati da un corpo ellittico o elicoidale, e dall’assenza di capside e di strutture definite. IL GE NOMA E LA RE P LICA Z IONE DE I V IRUS I virus possono essere quindi classificati anche in base all’acido nucleico che contengono: in particolare possono essere virus: a RNA , che a loro volta si distinguono in virus a RNA a singolo filamento o a doppio filamento; quelli a singolo filamento possono avere polarità positiva, e quindi presentare lo stesso verso, la stessa polarità, dell’RNA messaggero usato per la traduzione (e quindi possono essere subito tradotti), oppure a polarità negativa, quindi avere polarità invertita rispetto al messaggero (e prima della traduzione devono essere girati, invertiti); a DNA , ed essere a singolo o a doppio filamento; quelli a doppio filamento possono presentare DNA circolare o lineare. La replicazione virale avviene all’interno della cellula ospite necessariamente, in quanto appunto i virus sono dei parassiti obbligati. Quindi il virus va a sfruttare gli apparati biosintetici della cellula ospite. In particolare, il virus si lega alla cellula ospite tramite i suoi specifici recettori, introduce il genoma virale all’interno della cellula e questo va a replicarsi, sfruttando i meccanismi dell’ospite. Una volta che il genoma si è replicato, avviene la traduzione, e quindi la formazione delle proteine codificate dal virus. I costituenti virali così formati vanno ad assemblarsi a formare i virioni, cioè le particelle infettive vere e proprie. Questi virioni escono dalla cellula per gemmazione per andare ad infettarne delle altre. La cellula ospite però, perché avvenga correttamente questo processo, deve avere due caratteristiche principali: la sensibilità, cioè deve possedere i recettori per quel determinato virus, affinché vi si leghi; la permissività, cioè deve possedere tutti i meccanismi e deve svolgere le corrette funzioni per la trascrizione del genoma virale e per la traduzione delle proteine da esso codificate. L’infezione da parte del virus può essere di diversi tipi: · Infezione produttiva, quando la cellula permissiva permette la replicazione di nuovi virioni. · Infezione abortiva, quando o il virus è difettivo per una parte del genoma, o la cellula non è totalmente permissiva e quindi la traduzione del genoma viene arrestata e non si completa. · Infezione restrittiva, quando la cellula è permissiva solo in una certa fase della sua vita. · Infezione di latenza, che è una conseguenza sia della abortiva che della restrittiva, in quanto il genoma virale si trova all’interno della cellula ospite e si duplica, ma non viene tradotto a causa dell’ambiente sfavorevole in cui si trova. Nel momento in cui si hanno le condizioni adatte, il genoma viene tradotto e si sviluppa un’infezione produttiva. La replicazione avviene secondo delle precise fasi: 1) L’adsorbimento. È il processo in cui l’antirecettore presente sul virus entra in contatto e si lega con il recettore della membrana cellulare dell’ospite; è un legame altamente specifico (tropismo), che può essere più o meno stabile a seconda del virus: per esempio è molto stabile il legame tra l’emoagglutina del virus influenzale e l’acido sialico delle glicoproteine di membrana; nel virus nudo è meno stabile in quanto è solo un’attrazione tra le cariche elettriche delle proteine del capside e quelle della membrana glicoproteica. È un processo che non richiede il dispendio di energia da parte dell’ospite. 2) La penetrazione. È il processo per cui il virus entra all’interno della cellula, e può avvenire secondo diverse modalità. Questo processo richiede dispendio di energia da parte dell’ospite. In particolare, può entrare: per traslocazione, per cui il virione passa direttamente all’interno della membrana plasmatica arrivando nel citoplasma (solo per i nudi); per endocitosi, per cui la membrana plasmatica avvolge all’interno di un vacuolo fagocitario il virus, invaginandosi, e lo trasporta all’interno del citoplasma (per entrambi i tipi); per fusione, per cui il pericapside, avendo la stessa composizione della membrana plasmatica vi si fonde e riversa all’interno la particella virale (solo per i rivestiti). 3) Lo scapsidamento. È il processo per il quale il genoma virale perde il capside proteico e viene quindi liberato all’interno del citoplasma, per andare poi incontro alla sua duplicazione. Questo processo avviene con diverse modalità a seconda del virus in questione; alcuni virus perdono il loro capside per disaggregazione delle proteine, che avviene principalmente a causa o di proteasi cellulari o di enzimi lisosomiali che si attaccano al vacuolo fagocitario penetrato. 4) La replicazione. È il processo per cui il genoma viene replicato al fine di poter andare a sintetizzare tutti i componenti virali. La modalità è diversa a seconda che il virus sia a RNA oppure a DNA . In particolare, i virus a DNA replicano il loro genoma all’interno del nucleo, in quanto necessitano degli enzimi cellulari, in particolare della DNA polimerasi; dopo che è stato duplicato, il genoma viene riversato all’interno del citoplasma e tradotto grazie all’RNA polimerasi. Invece, i virus a RNA non necessitano della DNA polimerasi, e infatti replicano il loro genoma direttamente all’interno del citoplasma dove si trova appunto l’RNA polimerasi. In caso però di virus a RNA con polarità negativa, prima questo genoma deve essere convertito da degli specifici enzimi virali che chiaramente non sono presenti all’interno della cellula. Ci sono però alcune eccezioni: nei virus a RNA sono i retrovirus e il virus dell’influenza; invece, nei virus a DNA l’eccezione è il poxvirus del vaiolo. 5) La maturazione e la liberazione. È il processo finale della replicazione virale, per cui tutti i costituenti virali sintetizzati vengono assemblati a formare i virioni, che devono poi uscire dalla cellula ospite per andare ad infettare altre cellule. Le modalità di fuoriuscita cambiano a seconda del tipo di virus: i virus rivestiti fuoriescono per gemmazione, e in questo momento acquistano il pericapside, e la cellula può anche sopravvivere all’infezione; i virus nudi invece portano necessariamente alla morte della cellula ospite in quanto fuoriescono solo per lisi della stessa. I MI CE T I I miceti sono i funghi e sono delle cellule eucariotiche molto più grandi dei batteri. P resentano esternamente una parete rigida, diversa da quella batterica, costituita principalmente da un intreccio di fibrille di chitina, che presenta anche altri componenti come glucani e mannali. La membrana è costituita da steroli, cioè colesterolo, che era assente nei batteri. Il soma, cioè il corpo cellulare, viene chiamato tallo; all’interno contiene un nucleo in cui si trova il genoma, e numerosi organuli come RE R, mitocondri ecc. I miceti risultano dannosi e patogeni per l’uomo e provocano quelle patologie che vengono definite micosi. S ono considerati patogeni emergenti in quanto negli ultimi anni sono diventato molto più pericolosi a causa dei cambiamenti relativi proprio all’uomo; un fattore è l’aumento dell’età media, in quanto gli anziani sono più soggetti ad infezioni; poi la diffusione del virus HIV che provoca immunosoppressione; e infine anche numerosi trattamenti terapeutici principalmente antibiotici sono pericolose perché provocano alterazioni nella flora microbica propria dell’organismo. Le cellule fungine presentano diverse morfologie: lieviti, muffe o dimorfi. I lieviti hanno una forma sferoidale o ovoidale con una dimensione intorno a 2-10 mm. Le muffe sono un insieme di cellule unite a formare delle strutture cilindriche di 3-15 mm che si chiamano ife , ramificate, in grado di allungarsi apicalmente, cioè da un solo apice; l’insieme delle ife prende il nome di tallo o micelio. I dimorfi sono invece quei funghi in grado di presentare entrambe le morfologie in base alle condizioni ambientali in cui si trovano; per esempio Histoplasma Capsulatum si presenta come lievito nei tessuti e come micelio in coltura. La micologia medica è quella scienza che studia le micosi e i loro agenti eziologici; alcuni funghi possono infatti comportarsi da agenti patogeni per l’uomo, anche se solo una piccola quantità rispetto all’enorme varietà di funghi esistenti. Il loro potenziale patogeno viene espresso mediante parassitismo diretto, cioè con la formazione di metaboliti tossici all’interno dell’organismo, che vengono chiamati micotossine. Il potenziale patogeno dei miceli, delle ife, è caratterizzato da un processo meccanico: si allungano fino ad entrare nel tessuto, danneggiandolo. Invece, i lieviti solitamente sono inseriti nei tessuti per fagocitosi. L’infezione per la maggior parte avviene perché i funghi entrano nei polmoni dove rimangono silenti fino a che non sono inseriti nel torrente ematico e raggiungono quindi gli altri tessuti e organi. Le micosi possono essere classificate in base alla gravità in quattro diversi gruppi. Le micosi superficiali colpiscono principalmente la cute, i peli e i capelli e determinano una scarsa risposta immunitaria nell’ospite. S ono presenti principalmente in climi tropicali e avvengono per contatto diretto con una superficie infettata, ed è necessario che ci sia anche un piccolo trauma della cute, come uno sfregamento. Due esempi sono: la pietra nera, provocata da sacche sporali, caratterizzata dalla presenza di noduli neri sulla superficie dei capelli; la pietra bianca, provocata da micelio frammentato, caratterizzata da noduli biancastri sulla superficie dei capelli. Le micosi cutanee interessano principalmente la cute, i peli e le unghie, e determinano una significativa risposta immunitaria nell’ospite. A vvengono per contatto diretto tra uomo e uomo o tra uomo e animale, e alcuni esempi sono: la tigna causata da dermatofiti, che determina una lesione circolare, con margini irregolari e in rilievo che tende a desquamare; la candidosi causata da candida albicans che colpisce principalmente le mucose; in particolare si ha il mughetto che è un’infezione biancastra della mucosa orale presente principalmente nei neonati; la vulvovaginite che è un’infezione della mucosa vaginale determinata da eritema e irritazione; la balanite che è un’infezione del glande del pene. Le micosi sottocutanee interessano principalmente gli strati e i tessuti sottostanti al derma, spesso anche ossa e muscoli, e sono provocate da saprofiti, cioè funghi non patogeni se vivono sulla cute ma che in seguito ad una lesione penetrano all’interno generando un danno. P rovocano ascessi invasivi che si dicono micetomi con una risposta molto significativa nell’ospite. Hanno un decorso cronico, ed è necessario che ci sia una lesione o un taglio perché avvenga l’infezione. S ono di difficile trattamento. Le micosi sistemiche sono le più profonde, che avvengono quindi all’interno di visceri e tessuti; generalmente iniziano per inalazione di spore fungine (la struttura germinativa) che si istaurano nel polmone e attraverso il sangue vengono trasportate nei tessuti. Generano una risposta immunitaria massiva nell’ospite. I principali funghi responsabili delle sistemiche sono i blastomicosi, i coccidiomicosi, i paracoccidiomicosi, gli istoplasmosi e i criptococcosi. Infine possiamo trovare un ulteriore gruppo di micosi, le micosi opportunistiche , che si verificano in soggetti immunosoppressi e sono causate da funghi di solito non patogeni, o poco patogeni; in particolare i soggetti più colpiti sono quelli affetti da HIV , da diabete o i trapiantati. I P A RA S S I T I I parassiti sono dei microrganismi che si replicano solo a scapito di un altro organismo, danneggiandolo sempre. S i dividono in protozoi unicellulari e elminti (vermi) pluricellulari. Lo svolgimento del ciclo vitale di un parassita può anche richiedere più ospiti diversi: l’ospite è l’organismo in cui il parassita svolge una o più fasi del suo ciclo vitale; il vettore biologico invece è l’artropode con cui il parassita svolge una fase del suo ciclo vitale che di solito è quella riproduttiva (insetto). I protozoi sono organismi unicellulari eucariotici che si dividono in microsporidi (0,5-1 micrometri) e balantidium (70 micrometri). P resentano due forme principali: la forma vegetativa è il trofozoite che è polimorfa, mentre la forma di resistenza è la cisti . Il trofozoite è la forma metabolicamente attiva, che varia a seconda dell’ospite (pleiomorfismo), e che effettua la riproduzione, che può essere sia sessuata mediante vettore biologico, sia asessuata mediante mitosi, binaria o multipla (schizogonia). In base alla mobilità del trofozoide, i protozoi si possono classificare in: · S porozoi, immobili, e presentano forme di vita alternando riproduzione sessuata ad asessuata. S olo l’organismo maschile sessuato presenta un flagello. Un esempio è il plasmodium, agente responsabile della malaria che si dispone ad anello all’interno del globulo rosso. · F lagellati, che presentano uno o più flagelli e sono quindi in grado di muoversi; a volte presentano una membrana ondulante. A lcuni esempi sono: il tripanosoma responsabile della malattia del sonno, il cui vettore biologico è la mosca; il Leishmania che causa la Leishmaniosi, principalmente nei cani. · A mebe, o sarcodini, che si muovono grazie alla presenza di estroflessioni del corpo cellulare, che si chiamano pseudopodi. P ossono provocare meningoencefalite amebica primaria. · Ciliati, che si muovono grazie alle ciglia. Un esempio è il B alantidium coli in grado di generare diarrea. I L S I S T E MA I MMUNI T A RI O Lo scopo del sistema immunitario è la difesa del nostro organismo da agenti patogeni o comunque esterni ed estranei, al fine di eliminarli o allontanarli. Questo sistema ci protegge da tutte le quattro classi di microrganismi, batteri, virus, protozoi e miceti. L’immunità è la capacità di resistenza ad un agente patogeno da parte di un organismo animale; il nostro, presenta due tipi di immunità: quella innata e aspecifica, che comprende tutte quelle cellule deputate all’eliminazione della particella, che quindi agiscono contro tutti i tipi di agenti esterni; quella adattativa e specifica, che si può anche chiamare acquisita, che è quella invece contro un determinato patogeno che quindi permette una risposta più complessa. Quella adattativa si divide in umorale costituita dagli anticorpi, e quella cellulo-mediata costituita invece da cellule specifiche, come i linfociti T . Il sistema immunitario ha tre funzioni principali: · La specificità di risposta: ha il compito di riconoscere qualsiasi proteina o polisaccaride esterni all’organismo al fine di dar vita ad una risposta di difesa, con conseguente produzione di anticorpi o attivazione di popolazioni linfocitarie contro un determinato antigene. · La memoria: quando il sistema reagisce con un determinato antigene, genera delle cellule che, in caso che l’antigene si ripresenti, sono in grado di scatenare una risposta molto più complessa e intensa. E ’ su questo meccanismo che si basa il principio del vaccino. · La tolleranza : il sistema non deve attaccare le cellule proprie dell’organismo, e deve quindi differenziare le macromolecole proprie, il self , da quelle esterne, il non self. L’immunità innata è mediata da cellule fagocitiche, quali macrofagi, monociti e neutrofili, da cellule dendritiche, da proteine del complemento nel plasma (immunoglobuline gamma), da linfociti natural killer, da basofili, eosinofili e mastociti che rilasciano mediatori dell’infiammazione. L’immunità acquisita invece è mediata da un altro tipo di cellule, i linfociti . I linfociti possono essere principalmente di due tipi, i linfociti T e i linfociti B . I linfociti T sono responsabili della risposta cellulo-mediata, cioè della risposta primaria con attacco e demolizione delle particelle estranee, legandosi all’antigene; distruggendo l’antigene, muoiono anch’essi, nel processo dell’immunosoppressione. Questi linfociti T sono anche in grado di attivare la produzione di anticorpi da parte dei linfociti B , che quindi fanno parte dell’immunità umorale. In particolare, l’immunità cellulo-mediata è importante per l’eliminazione dei batteri patogeni, mentre quella umorale serve per combattere virus e tossine. La risposta anticorpale è caratterizzata da due principali tipi di anticorpi, le immunoglobuline M e le immunoglobuline G, che si trovano nel siero. L’agente patogeno entra nel corpo e l’antigene scatena la reazione anticorpale tramite contatto con i linfociti. V engono così prodotte le IgM, che sono indice della risposta primaria, quindi del fatto che l’infezione è in atto. A l momento del termine della risposta, le IgM vanno in contro a degenerazione e si formano invece le IgG, che rimangono in circolo anche per sempre e impediscono quindi un ulteriore infezione da parte di quel determinato patogeno. Le IgG sono quindi la risposta secondaria, e sono indice di una infezione regredita. In particolare: una madre HIV + può o non può trasmettere l’infezione al figlio. P er vedere, al momento della nascita, se il bambino durante il parto ha contratto l’infezione (si trasmette nel passaggio attraverso la cervice) si fa un prelievo di sangue; se il bambino presenta IgM vuol dire che l’infezione è stata contratta; se invece presenta IgG potrebbe anche essere che il bambino è immune perché ha ricevuto gli anticorpi tramite la placenta dalla madre e quindi non ha contratto l’infezione. La risposta immunitaria deve essere abbastanza forte da impedire la sopravvivenza del microrganismo. T alvolta però, questa risposta può generare dei danni nel tessuto corporeo interessato. Infatti, a volte i sintomi che percepiamo non sono dovuti all’infezione in atto ma alla risposta del nostro corpo a tale contagio. P er esempio, nel caso del bacillo tubercolare, all’interno dei polmoni si formano dei noduli, che si chiamano tubercoli, che sono in grado di racchiudere i bacilli in modo da impedirne la replicazione e quindi di ostacolare l’infezione. Questi noduli però danneggiano il tessuto polmonare che non è libero di funzionare correttamente. I L P RO CE S S O I NF E T T I V O L’uomo ospita già per natura un insieme di microrganismi che costituiscono la flora. Questi microrganismi si istaurano nell’organismo già al momento della nascita: prima si ha una colonizzazione selettiva per cui i microrganismi entrano nel feto direttamente dalla placenta, provenienti dalla madre; poi si forma la vera e propria flora del bambino che sarà poi quella che avrà anche da adulto. La flora si dispone in diversi distretti del nostro corpo, principalmente nelle mucose, e viene definita flora normale o residente. Il cervello, il sangue e i muscoli sono ‘sterili’, cioè non presentano flora, che si trova invece in abbondanza nelle mucose degli apparati respiratorio, gastroenterico, genitourinario e sulla cute. Il rapporto tra il microrganismo normale e l’ospite è detto di tipo mutualistico e commensale; cioè, entrambe le parti ottengono vantaggi da tale rapporto. In particolare, il microrganismo trova nell’ospite una fonte costante e ricca di nutrienti, e un habitat ideale per la sua crescita e divisione; l’ospite invece utilizza i microrganismi come fonte di protezione da infezioni esterne, proprio perché i patogeni esterni, una volta penetrati, non trovano un punto di adesione o nutrienti sufficienti, e inoltre la flora produce sostanze come tossine, in grado di neutralizzare i patogeni esterni; sono anche in grado di produrre anticorpi e stimolare la fagocitosi; inoltre, dai batteri intestinali l’organismo assorbe sostanze importanti come le vitamine. S i ha quindi una competizione tra la flora normale e i microrganismi esterni, in quanto appunto entrambi cercano di colonizzare le mucose dell’organismo e di nutrirsi tramite queste; quando la mucosa di un determinato organo è piena di flora batterica, il patogeno esterno non ha modo di ancorarsi e viene rimosso o espulso. La flora normale è in un equilibrio dinamico , cioè varia la sua presenza a seconda delle condizioni dell’ospite; in particolare dipende dall’indebolimento fisico dell’uomo, in particolare dalla presenza di batteri Gram- nell’orofaringe, dalla presenza di una terapia antibiotica (che interferisce sulla loro adesione), e dalle infezioni virali della mucosa respiratoria che favoriscono la colonizzazione. Il microrganismo è definito patogeno quando è in grado di far sviluppare una patologia: questa caratteristica si chiama patogenicità , e dipende principalmente: dai fattori di virulenza prodotti, come per esempio le tossine; dalla carica microbica, quindi maggiore è la concentrazione e maggiore sarà la patogenicità; dalla condizione dell’ospite e in particolare del suo sistema immunitario. Questi microrganismi patogeni invadono l’ospite, si moltiplicano, e lo danneggiano; creano quelle che sono chiamate malattie infettive. Il processo infettivo dei microrganismi avviene secondo precise fasi: · E sposizione ad agente patogeno per contatto. · A desione mediante recettori cellulari. · Invasione dell’epitelio tramite l’ingresso in mucose. · Colonizzazione e crescita. · T ossicità o invasività del microrganismo. · Danno ai tessuti dell’ospite con conseguente patologia. La contaminazione è la presenza di microrganismi su una superficie esterna che viene a contatto con una superficie corporea e trasmette quindi i patogeni; questo processo non è però sufficiente ad avere un’infezione. L’infezione si ha quindi quando per contagio con la superficie contaminata i microrganismi penetrano all’interno dell’organismo; questa condizione può estinguersi da sola, come accade nella maggior parte delle volte, in quanto il nostro sistema immunitario è in grado di combatterla e di neutralizzare gli agenti; oppure può sfociare in una patologia. Il microrganismo rimane nel corpo per un determinato periodo in cui l’infezione è asintomatica, e si chiama incubazione ; poi sfocia nella malattia quando la moltiplicazione e la liberazione di tossine portano a danni tessutali e quindi al presentarsi di una sintomatologia . Quindi, l’infezione e la malattia non necessariamente coincidono, in quanto si ha una malattia solo se l’agente patogeno supera la difesa dell’organismo. A lcuni microrganismi sono definiti opportunisti perché non sono patogeni, come E scherichia Coli, ma sono in grado di determinare uno stato di malattia nell’individuo al momento dell’abbassarsi delle sue difese. Un’infezione può essere: · E sogena, cioè proveniente dall’ambiente esterno. In particolare può essere diretta, se avviene per contagio tra il microrganismo e l’ospite senza passaggio attraverso l’ambiente, come il diretto contatto con le mucose respiratorie, o con la cute, o la trasmissione verticale tra placenta e feto; oppure può essere indiretta se veicolata da alimenti e acqua contaminati, da particelle nell’aria, da oggetti contaminati oppure da artropodi vettori. · E ndogena, cioè proveniente dalla flora normale che ha avuto delle alterazioni. P uò avvenire per diversa localizzazione rispetto a quella normale, come per esempio la presenza di flora intestinale nel tratto urinario; per forte aumento anche nella sede di localizzazione; per la penetrazione di batteri commensali cutanei all’interno di lesioni. Le principali vie di trasmissione delle malattie infettive, e quindi dei microrganismi che le provocano, sono: le vie aeree, quindi per inalazione di goccioline di saliva o di secrezioni dal malato al sano; la via orofecale, quindi per ingestione di alimenti e acqua contaminati dalle feci di un individuo malato; la via ematica, quindi per il contatto tra il sangue di un individuo malato e uno sano; per via sessuale tra malato e sano. A lcuni esempi: per via ingestiva passano la S almonella species, l’E scherichia Coli, il Clostridium B otulinum; per inalazione passa il bacillo tubercolare; tramite ferita passa il Clostridium tetani; per via sessuale il treponema che provoca la sifilide. Quindi in generale, la cute funge da barriera molto resistente per i microrganismi, mentre sono un ottima via di transito le mucose dei diversi apparati e la placenta. La cute quando è integra è una barriera che non permette il passaggio di microrganismi; quando invece ci sono delle lesioni o delle ferite è più facile la penetrazione. I meccanismi di difesa della cute sono: il lisozima, enzima antibatterico in grado di distruggere il peptidoglicano che costituisce la parete; gli acidi grassi del sebo; l’acidità del sudore; la presenza di flora normale che quindi istaura un meccanismo di competizione con gli agenti esterni; la desquamazione, cioè la perdita dello strato esterno che porta via quindi anche eventuali batteri commensali. La congiuntiva dell’occhio è una mucosa quindi facilmente penetrabile. I meccanismi di difesa sono l’integrità dell’epitelio, la presenza delle lacrime che effettuano un lavaggio, quindi una difesa di tipo meccanico, e che contengono lisozima e immunoglobuline A , quindi una difesa di tipo chimico. Nelle mucose orali e nasali i batteri penetrano facilmente perché l’epitelio è molto sottile, sia a livello delle tonsille che al margine gengivale. I meccanismi di difesa sono: la produzione di saliva che contiene sia lisozima che immunoglobuline A , e che agisce sia a livello meccanico tramite lavaggio che chimico; la presenza di vibrisse che ostacola il passaggio di particelle più grandi; la presenza di muco che cattura le particelle estranee per spingerle via dai tratti respiratori; la flora batterica normale che istaura competizione. Il tratto respiratorio è sterile al di sotto della laringe, quindi non presenta flora microbica; è suscettibile alle infezioni aerogene. I microrganismi possono entrare sia tramite inalazione di goccioline emesse da soggetto malato sia attraverso l’inalazione di polveri; inoltre, l’ingresso è favorito o da fattori ciliostatici prodotti dai microrganismi stessi che impediscono il movimento delle ciglia; o dalla modifica della consistenza del muco in caso di bronchite cronica; o da disturbi della mobilità ciliare. La difesa in questa regione è data dal muco stesso che trasporta le particelle dal basso verso l’alto e in particolare verso la faringe, e da cellule fagocitiche come i macrofagi a livello alveolare e dei bronchioli, che si occupano di distruggere le particelle estranee. Le principali malattie trasmesse in questo modo solo l’influenza, la tubercolosi, il morbillo e la rosolia. Nel tratto gastrointestinale penetrano microrganismi tramite l’ingestione di alimenti e acqua contaminati, oppure tramite il contatto con oggetti e mani. I fattori che ne favoriscono l’ingresso sono l’acqua che, rimanendo breve tempo all’interno dello stomaco e venendo subito riassorbita, permette l’assorbimento anche di microrganismi; alimenti con funzione di tampone, come il latte, che quindi proteggono i microrganismi da enzimi acidi prodotti dal canale digerente. La difesa a livello di questa regione avviene grazie alla numerosa flora normale presente, al pH molto acido (2) dei succhi gastrici, all’ambiente anaerobico, all’alcalinità dell’intestino. Le malattie più importanti sono il tifo e il paratifo, il colera, la dissenteria, l’epatite A e la poliomielite. Il tratto urogenitale è normalmente sterile, fatta eccezione per l’uretra e per la mucosa vaginale. La difesa in questi tratti è costituita dall’acidità dell’urina e dal suo lavaggio (difesa meccanica e chimica), dall’acidità vaginale o dalle secrezioni prostatiche, dal lisozima presente nelle mucose. Le principali malattie sono la sifilide, la gonorrea, l’epatite B e l’A IDS . LA P A T OGE NICIT A ’ B A T T E RICA . La patogenicità batterica è costituita da due principali proprietà: l’invasività e la produzione di tossine. L’ invasività è la capacità di oltrepassare le barriere costituite dalla cute o dalle mucose, per inserirsi nell’ospite, moltiplicarsi e generare un danno tissutale. È una proprietà caratterizzata dall’ adesività , cioè la capacità del batterio di attaccarsi alle cellule dell’ospite o mediante pili o mediante adesine; dalla formazione di biofilm che permettono la colonizzazione e il rilascio dei batteri all’esterno, dentro l’organismo; i biofilm sono costituiti dalla fusione delle capsule, e infatti la capsula batterica aumenta la patogenicità; dalla produzione di enzimi extracellulari che di solito sono in grado di demolire i tessuti costituenti l’ospite (in particolare si trovano la coagulasi che demolisce i fattori di coagulazione, la chinasi, la collagenasi, la ialuronidasi che demolisce il tessuto connettivo); dalla capacità di inibire la fagocitosi tramite la capsula. La produzione di tossine invece rappresenta la tossicità; queste sostanze si possono dividere esotossine e endotossine: Le esotossine sono prodotte all’interno del batterio e rilasciate poi all’esterno; sono più immunogeniche. S ono costituite da un frammento A tossico, che viene inattivato quando si forma un vaccino, e un frammento B recettore che presenta l’antigene. Le endotossine sono contenute nel lipopolisaccaride della membrana esterna di tutti i batteri Gram-. P resentano il lipide A come parte tossica, che è liberato in seguito alla lisi della cellula. Con queste non si possono formare i vaccini. In base al loro bersaglio, le tossine di interesse medico si dividono in più gruppi. Le tossine citolitiche sono in grado di degradare la membrana delle cellule bersaglio determinandone la morte, come le leucocidine. Le neurotossine agiscono sul sistema nervoso, sia centrale che periferico, come quella tetanica. Le enterotossine sono attive sul sistema digerente e causano spesso diarrea, come l’E scherichia Coli. Le tossine pantrope sono quelle che esercitano la loro azione su più tipi di cellule, come quella dissenterica e quella difterica. Le tossine pirogeniche attivano linfociti e macrofagi determinando infiammazione e shock settico, e sono prodotte da streptococchi e stafilococchi. · La tossina difterica è in grado di legarsi a recettori di membrana e viene integrata nella cellula tramite endocitosi. Quindi, una volta nella cellula, la componente A tossica è separata dalla componente B ; la componente B viene rilasciata all’esterno e degradata, mentre la componente A si attacca ad alcuni costituenti cellulari e inibisce la sintesi proteica, conducendo alla morte della cellula. · La tossina colerica è un’esotossina prodotta dall’agente eziologico del colera e agisce solamente sugli enterociti, cioè le cellule costituenti l’intestino. È formata da cinque subunità B e una subunità A ; le subunità B legano i recettori intestinali, mentre quella A agisce da tossina. Questa subunità A si può dividere in A 1 e A 2: l’A 1 è la vera parte tossica, che si lega all’A MP ciclico determinandone un incremento. Questo A MP ciclico è in grado di regolare lo scambio di sostanze con l’esterno: determina quindi il rilascio di ioni, nutrienti e acqua dagli enterociti verso il lume intestinale. È per questo che nel colera si hanno forti diarree, a causa della grande quantità di acqua contenuta nel lume. · La tossina tetanica e quella botulinica sono due neurotossine, cioè agiscono a livello del sistema nervoso. La tetanica è costituita da un batterio, il Clostridium tetanum, che rimane all’interno della ferita da cui penetra. La tossina viene però rilasciata all’interno di assoni, e arriva quindi al sistema nervoso centrale. Nel sistema nervoso centrale è in grado di inibire il rilascio di neurotrasmettitori inibitori per le contrazioni. Da qui, passa poi nei nervi e raggiunge i muscoli effettori. È chiamata anche tetanospasina perché è in grado di produrre paralisi spastica, quindi una continua contrazione dei muscoli scheletrici involontariamente. Quella botulinica invece agisce a livello del periferico. In particolare, nel botulismo alimentare non si ha un’infezione ma un’intossicazione, in quanto il batterio penetra nel cibo, che poi viene ingerito da noi. Il batterio arriva quindi nell’intestino, viene assorbito, e raggiunge la placca motrice degli assoni nelle fibre muscolari. Qui, si attacca al bottone sinaptico inibendo il rilascio di acetilcolina e quindi impedisce la contrazione. Ha effetto contrario rispetto al tetano: si parla di paralisi flaccida. · L’endotossina dei Gram- è costituita dal lipopolisaccaride che si trova nella membrana esterna al batterio. Questo lipopolisaccaride contiene una parte più interna, il lipide A , che costituisce la parte tossica vera e propria; i sintomi di queste infezioni presentano quindi dei tratti comuni perché la parte infettiva è simile nei diversi batteri. L’endotossina ha diversi effetti molto gravi, e quando si trova in grande quantità può anche portare a morte; produce: effetto pirogeno in quanto agisce sui macrofagi del sistema immunitario, che fagocitano tale LP S e iniziano a produrre sostanze tossiche come la leuchina (pirogeno perché permette l’innalzamento della temperatura corporea); sul sistema immunitario è capace di indurre anche leucopenia e successivamente leucocitosi; sulle cellule epiteliali aumenta la permeabilità dei capillari; agisce sulla cascata della coagulazione causando coagulazioni intravasali disseminate, che possono produrre coaguli a livello di capillari più piccoli o anche in organi vitali come il rene; può provocare ipotensione, shock e morte.
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